Arriva Death Stranding, il gioco che piacerà a Greta Thunberg

L'opera autoriale di Hideo Kojima che rivoluzionerà il mondo dei videogames

death stranding

Anche se nella maggior parte dei casi i videogames rappresentano universi  completamente astrusi dalla realtà di tutti i giorni, esistono progetti capaci non solo di sbatterci in faccia i disagi del mondo in cui viviamo, ma riescono anche a permetterci di vivere in quello che potrebbe essere il frutto del dissennato modo con cui stiamo sfruttando le nostre risorse naturali.

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Per mettere in scena uno scenario così apocalittico e pregno di sfaccettature serve però una personalità capace di andare oltre il semplice ambito videoludico, in grado di poter "travestire" il videogioco da opera cinematografica, per attirare l'attenzione anche di un pubblico non proprio avvezzo al videogioco. E non è un caso che tale progetto sia stato concepito, scritto e realizzato da Hideo Kojima, il game designer giapponese che forse più di tutti ha cercato di avvicinare questi due mondi.

Quello immaginato da Kojima in Death Stranding (In uscita il prossimo 8 Novembre, che abbiamo potuto testare in anteprima) è un mondo ambientato cento anni nel futuro. Quello che ci troviamo di fronte è un ambiente fatto per lo più di distese verdi, quasi senza alberi (non a caso l’artista si è ispirato ai tipici terreni islandesi), costantemente punteggiato da rocce di natura lavica, e il terreno è completamente nero. Come se non bastasse tutti gli effetti atmosferici (violenti e quasi del tutto imprevedibili), sono portatori di morte: se non adeguatamente al riparo una sola goccia d’acqua potrebbe causare l’invecchiamento immediato dello sventurato, causandone il decesso.

La bellissima desolazione di Death Stranding

Insomma, un ambiente inospitale che a causa di alcuni esperimenti fuori controllo è diventato terreno di conquista per il mondo dei morti. Gli esseri umani sono quindi costretti a vivere a stretto contatto con spiriti malvagi e rancorosi, pronti ad afferrare i malcapitati per trascinarli nel loro mondo nero e “catramoso”. L’arrivo di queste entità si manifesta infatti dalla comparsa di un liquido vischioso, che intrappola il nostro protagonista il quale può solo cercare di mettersi in salvo  per non esserne inghiottito. E non è un caso se all’interno di questo mare nero nuotano, e lottano, diverse specie marine, tra cui enormi balene. Un chiaro messaggio che indica come prima o poi i torti fatti alla natura si ritorceranno presto sull’uomo.

A tenere (parzialmente) al sicuro il nostro giocatore è il BB, ovvero il Baby Bridge, un neonato incapsulato in uno speciale liquido amniotico che ci accompagnerà nel corso di tutta l'avventura, dandoci modo di poter individuare i nemici in modo da poterli aggirare o, dove possibile, di affrontarli. La visione onirica di Kojima affida alle prossime generazioni il compito di guidarci e tenerci lontani da pericoli che il mondo attuale ignora del tutto, o che semplicemente preferisce non vedere per favorire aspetti economici e materiali.

Ma in sostanza, cosa si fa in Death Stranding? Il gioco ci mette nei panni di un corriere, che attraverso le sue consegne vuole creare connessione all’interno di un’America (che in realtà rappresenta l’intero mondo), divisa e isolata. Un viaggio “coast to coast” per formare una nuova società all’insegna della collaborazione, volto a creare una rete di sicurezza da cui far ripartire un’umanità allo sbando. E ogni volta che una nuova connessione sarà portata a termine godremo dei miglioramenti apportati. Ogni nuovo arrivo all’interno di questa neonata comunità porterà un po’ del suo sapere e il suo lavoro si unirà a quello di tutti gli altri per trovare una soluzione comune ad un problema universale.

Il giocatore sarà quindi chiamato a pianificare con cura ogni singola consegna, a verificare il terreno dove si dovrà muovere il protagonista, a portarsi dietro tutto il necessario per superare le difficoltà di terreni da percorrere quasi interamente a piedi, composto da vallate ricche di corsi d’acqua potenzialmente insuperabili e montagne innevate che però devono per forza essere scalate se vogliamo portare a termine la nostra missione.

E proprio in ottica di collaborazione, il gioco consente una complicità asincrona con altri giocatori inseriti nella nostra lista amici. Cosa significa? Che se, per esempio, piazziamo una scala per consentirci di superare una parete particolarmente complessa, il giocatore che arriverà dopo di noi avrà un compito leggermente più facile da portare a termine. E ovviamente anche noi potremo godere del lavoro altrui e vi possiamo assicurare che trovare una struttura di riparo nel pieno di una tempesta, o una corda messa proprio nel punto giusto per tirarci fuori da guai, piazzata da uno sconosciuto (a cui potremo lasciare anche un bel Like) è una “carezza” che lancia un incredibile messaggio di positività. Insieme possiamo farcela.

Per mettere in piedi un gioco così complesso e strutturato Hideo Kojima ha lavorato duramente per avere un impatto estetico di primissimo livello, rasentando il fotorealismo. Non solo, si è anche avvalso della collaborazione di attori e attrici molto conosciuti in ambito Hollywoodiano per avere una recitazione digitale di primissimo livello. Attori come Norman Reedus (The Walking Dead), Mads Mikkelsen  (Hannibal) e attrici come Lindsay Wagner (La donna bionica) e Léa Seydoux (Spectre) hanno prestato volto, voce e recitazione per confezionare un prodotto che rasenta la perfezione sotto ogni singolo aspetto, compresa anche una colonna sonora perfettamente integrata con lo spirito del gioco e un doppiaggio italiano che chiude il cerchio di un prodotto capace di far innamorare anche il pubblico più esigente.

Death Stranding è un gioco difficile, non per tutti. Un gioco che lascia al giocatore il tempo per pensare e metabolizzare, per avere paura di quanto potrebbe capitare nel prossimo futuro, sperando che quanto riprodotto sullo schermo sia solo il frutto di una mente onirica e visionaria come poche al mondo.

Il mondo dei morti è sempre più vicino. E' il futuro che ci attende?

Norman Reedus. Pare che il noto attore abbia chiesto di inserire qualche muscolo in più nella modellazione del personaggio