Tiscali Fibra e 4 cose che forse non sapevi su Trento
La Fibra Tiscali fino a 1 Giga è arrivata anche nel capoluogo Trentino
Tiscali UltraFibra Giga raggiunge sempre più comuni e capoluoghi italiani: dopo Firenze, Catania, Bari, Genova, Palermo, Brescia, Reggio Calabria e Salerno la nostra Fibra FTTH ultraveloce arriva anche in Trentino. Oggi andiamo alla scoperta di 4 cose che probabilmente non sapete su Trento!
Il Duomo della città, vale a dire la Cattedrale di San Vigilio – luogo dove si tenne il celeberrimo Concilio di Trento – fu edificato sulla precedente omonima basilica paleocristiana e ospita sul proprio lato orientale un castelletto (dimora del vescovo) con un campanile, la torre di San Romedio. La leggenda narra che la relativa campana abbia suonato da sola per annunciare alla città e al vescovo Vigilio la morte di Romedio, l’anziano eremita in odor di santità molto amico del vescovo.
Sempre nella piazza del Duomo è presente una imponente fontana, dedicata a Nettuno. Ma che ci fa un monumento al Dio del mare in una città di montagna? La fontana fu realizzata nel 1769 e, sebbene a Trento non via sia alcuna traccia di culti verso la divinità marina, la sua costruzione si deve probabilmente all’antico nome romano della città: Tridentum, ‘città dei tre denti’, quasi sicuramente i tre colli che circondano l’abitato, Doss Trento, Sant’Agata e San Rocco.
Proprio a metà di via Santa Croce, all’inizio di via Cardinal Cristoforo Madruzzo, è presente un portale di pietra apparentemente senza significato. In realtà si trattava del portone di accesso al lungo viale che nel XV° secolo conduceva al palazzo delle Albere, residenza estiva dei principi vescovi, 1 km più a ovest. Quel viale è stato, tra le altre cose, ‘interrotto’ dalla costruzione del cimitero monumentale nel 1823. Ecco perché, a vederlo oggi, il portale non sembra condurre in alcun posto.
Nel cuore del quartiere San Martino esiste un bar chiamato ‘Bar dei Cavai’: fondato nel 1946, il locale deve il suo nome non ai quadrupedi equini, bensì ai suoi storici frequentatori: disoccupati e senzatetto che vivevano di lavori giornalieri. Essi, si racconta, stazionavano al bar in attesa di qualche lavoretto, fermi dunque ma pronti a scattare, pasavano il loro tempo al banco ‘en pe' come i cavai’, come i cavalli.
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